202109.16
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CESSIONE DEL RAMO D’AZIENDA: NECESSARIA L’AUTONOMIA ORGANIZZATIVA E FUNZIONALE

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La Suprema Corte – con sentenza 5 luglio 2021, n. 18949 – è intervenuta confermando un principio consolidato proprio della giurisprudenza di legittimità, principio secondo cui il trasferimento di parte del compendio aziendale si qualifica come trasferimento del ramo d’azienda – con conseguente applicazione dell’art. 2112 c.c. – solamente laddove l’autonomia organizzativa e funzionale del ramo d’azienda ceduto risulti preesistente alla cessione.

CESSIONE DEL RAMO D’AZIENDA:

La disciplina sulla cessione del ramo d’azienda assicura che l’attività ceduta sia effettivamente configurabile come ramo d’azienda. L’esigenza è quella di evitare che la cessione noi coinvolga effettivamente un’azienda o un suo ramo, ma solo alcuni rapporti che, nel loro insieme, non possano definirsi organizzati per lo svolgimento di una specifica attività economica.
La cessione d’azienda o di un suo ramo comporta, come regola generale, anche il trasferimento dei contratti senza necessità del consenso dei soggetti ceduti. La sentenza in esame ribadisce, ancora una volta, come l’applicazione di detta disciplina possa trovare applicazione solo quando ci si trovi di fronte a un’effettiva cessione di ramo d’azienda e non anche quando il trasferimento riguardi rapporti che nel loro insieme non costituiscono un’attività economica organizzata.
La cessione del ramo d’azienda rappresenta una particolarità e ciò giustifica la maggiore attenzione che gli si presta: mentre la cessione dell’intera attività economica svolta da un soggetto non dovrebbe porre particolari questioni perché quella che viene ceduta è l’intera attività economica, la cessione di un ramo d’azienda potrebbe, invece, far sorgere problematiche laddove non contenga la cessione di una effettiva attività ma sia diretta a spostare solo taluni beni o rapporti.

IL CASO DI SPECIE:

Un gruppo di dipendenti di un istituto di credito aveva attivato un contenzioso al fine di far dichiarare nei propri confronti l’inefficacia della cessione del ramo di azienda e di ottenere il riconoscimento del proprio diritto alla continuazione del rapporto di lavoro presso la Banca cedente e non, invece, presso la newco cessionaria. Il procedimento avanti la Suprema Corte aveva ad oggetto l’impugnazione di una pronuncia della Corte d’Appello di Roma che dichiarava l’inefficacia della cessione dei rapporti di lavoro di alcuni dipendenti della Società cedente, in ragione della ritenuta mancanza dell’effettiva preesistenza di un’articolazione funzionalmente autonoma del ramo d’azienda. La Corte territoriale non aveva, infatti, ritenuto sussistente nel caso di specie la cessione del ramo d’azienda, così come disciplinata dall’art. 2112 c.c., atteso che, dalla parte ceduta, erano stati scorporati alcuni settori, inseriti in un’altra struttura, costituita un mese prima della cessione, ed il trasferimento non concerneva l’intero ramo d’azienda, ma una minima parte, inferiore della metà dello stesso ramo. Rilevava, inoltre, che non erano stati trasferiti neppure i software ed i sistemi informatici utilizzati dagli impiegati prima della cessione.
Dunque, nel caso di specie si ritenevano non sussistenti gli elementi necessari per una valida traslazione, non essendoci la preesistenza di un’articolazione funzionalmente autonoma dell’azienda, come stabilito dalla legge delega n. 30 del 2003, essendo imprescindibile il requisito dell’autonomia, sia pure in presenza di possibili interventi integrativi imprenditoriali ad opera del cessionario.

ITER DELLA DECISIONE:
Nell’assumere la decisione gli Ermellini hanno ripercorso gli orientamenti della giurisprudenza comunitaria, che risultano consolidati in tema di cessione del ramo d’azienda e che condividono l’impostazione secondo cui la cessione di ramo d’azienda si configura quando viene ceduto un complesso di beni quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica, finalizzata allo svolgimento di un’attività volta alla produzione di beni o servizi. Ciò è coerente con quanto stabilito dall’Unione Europea, secondo cui “è considerato come trasferimento ai sensi della presente direttiva quello di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come un insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria” (art. 1, n. 1, direttiva 2001/23).
Tale impostazione risulta, altresì, conforme con la normativa nazionale e, in particolare, con l’art. 2112 c.c., il cui dispositivo non è mutato con le modifiche apportate dal D. Lgs. n. 276 del 2003, attuativo della legge Biagi. Invero, l’art. 2112, co. V, c.c. stabilisce come “si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento (…)”.
La Suprema Corte, condividendo le motivazioni del giudice di merito espresse nella sentenza impugnata, dichiara, nella fattispecie in esame, l’inoperatività dell’art. 2112 c.c., per “la mancata cessione dei programmi e dei sistemi informatici che venivano utilizzati dai dipendenti prima dello scorporo“, sancendo poi, nel principio di diritto enunciato in funzione nomofilattica, l’indipendenza “dal coevo contratto di fornitura di servizi che venga contestualmente stipulato tra le parti” (analogamente Cass. n. 1316 del 2017 e Cass. n. 19034 del 2017), evidenziando come la cessione d’azienda – o di una parte di essa – è definita come il trasferimento di “un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità”.

In conclusione, nel confermare la decisione della Corte territoriale, la Suprema Corte dispone come la necessità del requisito della preesistenza dell’autonomia funzionale del ramo ceduto si ricavi espressamente dal dettato normativo nazionale (art. 2112, comma 5, c.c., come modificato dal D.lgs. 276/2003) e sovranazionale (dir. 2001/23/CE), e ribadisce come, ai fini dell’applicazione dell’art. 2112 c.c., occorre sussista l’autonomia funzionale del ramo ceduto, ovvero la capacità di quest’ultimo di provvedere ad uno scopo produttivo con i propri mezzi funzionali ed organizzativi e quindi di svolgere autonomamente il servizio o la funzione cui era finalizzato al momento della cessione, nell’ambito dell’impresa cedente.